Le Torri
Le torri nella storia
Nella storia dell'architettura le torri hanno avuto in tutto il mondo una rilevante importanza, come costituenti sia dal punto di vista funzionale, impegate come vedetta o avvistamento, campanili ecc., che sull'ottica del prestigio, Casatorre, torre gentilizia ecc., spesso fondendo in un solo elemento due o più caratteristiche di fruizione. L' esistenza delle torri è già visibile nel mondo romano come punti di osservazione in corrispondenza di mura e fortificazioni, ma è il Medioevo il periodo di maggiore diffusione quando, in virtù delle loro caratteristiche difensive, vennero impiegate anche per scopi abitativi. Per merito delle loro caratteristiche strutturali infatti, ciascuna famiglia residente nelle torri aveva la possibilità di difendersi dai nemici presenti nella città stessa grazie alle massicce mura, agli accessi rialzati, pittosto elevati, ai quali era possibile accedere esclusivamente attraverso l'uso di scale a pioli rimovibili ed a finestre, per lo più feritoie, di piccolissime dimensioni. Inizialmente in Sardegna le torri possedevano una destinazione prettamente difensiva, erano infatti impiegate per il controllo delle coste e la difesa del territorio, ma con la dominazione spagnola e fino a metà dell'ottocento acquistarono funzione di carceri e sale della tortura.
La forma della torre
Caratteristica comune della struttura delle torri è la loro architettura che si sviluppa prevalentemente in altezza e le cui dimensioni risultano maggiori rispetto a quelle della base. Le prime torri medioevali, ispirate dalle torri inglobate nelle mura delle città romane, possedevano una pianta circolare che venne sostituita, durante il periodo romanico, da quelle con base quadrata o rettangolare, che risultavano più semplici da costruire rispetto alle precedenti per la cui costruzione era necessaria un architettura simile a quella degli archi, anche se non mancano esempi di torre a base poligonale. Le torri a base circolare erano staticamente più affidabili, ma anche meno facili da costruire per la necessità di tagliare le pietre, fila dopo fila, con le facce interne inclinate. Spesso per rendere più agevole la permaneza degli uomini, le torri possedevano, nella parte più alta, una sorta di ballatoio in legno che rendeva più ampia la superficie utilizzabile. In seguito i ballatoi, alquanto precari, vennero sostituiti da elementi strutturali e ornamentali a mensola, come ad esempio le smerlature, grazie ai quali le torri acquistavano maggiore prestigio.
La simbologia della torre
L'altezza della torre simboleggiava la ricchezza e il prestigio della famiglia che vi abitava, a questo proposito erano frequenti le sfide tra le famiglie, il cui obiettivo era quello di possedere la torre più alta, che costituivano un grave rischio per l'equilibrio strutturale precario degli edifici stessi, dal quale derivavano numerosi crolli a causa dell'eccessiva altezza e sottigliezza. Per questo motivo alla fine del XII secolo si arrivò alla graduale demolizione dei piani più alti delle torri. Anche nei secoli successivi le torri vennero gradualmente abbandonate in favore dei più confortevoli palazzi o inglobate in questi nuovi edifici. Numerose calamità naturali, come fulmini o terremoti, decimarono ulteriormente le torri superstiti e si continuò, seppur in modo sporadico, ad abbattere le torri nei centri storici delle città italiane per cedere il passo all'allargamento delle strade, alla creazione delle piazze e a mettere in atto tutti gli interventi regolatori necessari all'urbanizzazione delle città. L'architettura delle torri ebbe una battuta d'arresto durante il periodo rinascimentale fino a quando, nell'ottocento, le torri vennero riconosciute come un vero e proprio elemento ornamentale in alcune tipologie edilizie, quando la moda romantica del ritorno al passato, che caratterizzò l'intera epoca, fece si che si tornassero ad usare anche in architettura stili propri di epoche precedenti. Tra le torri presenti in Sardegna sono sicuramente degne di nota la "Torre dell'Elefante" e la "Torre di San Pancrazio" a Cagliari, la "Torre di Mariano II" e la "Torre di Portixedda" nell'oristanese e la "Torretonda" a Sassari.
Le torri costiere della Sardegna
Le torri costiere della Sardegna, sono un complesso di strutture fortificate che dall'alto medioevo sino alla metà del diciannovesimo secolo, hanno costituito il sistema difensivo, di avvistamento e di comunicazione della fascia costiera dell'isola. Le incursioni corsare e piratesche contro la Sardegna ebbero inizio nell'ottavo secolo. Il primo attacco documentato risale al 705, periodo della dominazione bizantina, nel quale vi furono due incursioni degli arabi ai quali il presidio bizantino, poco numeroso e piuttosto improvvisato non poté in nessun modo opporsi. Oltre che seminare il terrore tra la popolazione inerme ed impreparata, la razzia fruttò un consistente bottino in beni ma anche di vite umane, infatti decine di uomini e donne furono rapiti per essere ridotti a schiavi. Durante i successivi cinquant'anni gli attacchi seguirono con intensità sempre maggiore: a questo periodo risale la costruzione delle prime torri e castelli lungo le coste della Sardegna. In seguito anche i Giudicati sardi, di Torres, Cagliari, Gallura e Arborea - le forme di governo della Sardegna dall'VIII al XV secolo - e poi le repubbliche marinare di Pisa e Genova, realizzarono numerose fortificazioni costiere di prima difesa che, all'inizio della dominazione spagnola (1479), ammontavano a circa una sessantina. Con l'editto del 1502 che decretava la definitiva cacciata dei moriscos dalla Spagna, la pirateria mediterranea ricevette un forte impulso infatti nell'Africa settentrionale si riversò un gran numero di musulmani, profughi della Penisola Iberica appunto, che si unirono ai Berberi del Nord Africa i quali già da secoli vivevano dei proventi della guerra "di corsa". La costa dall'Egitto a Gibilterra divenne base di operazioni piratesche e per tutta la prima metà del Cinquecento le incursioni si moltiplicarono portando terrore e distruzione tra le popolazioni costiere della Sardegna e di gran parte di quelle dell'Italia meridionale e della Spagna; addirittura, dal 1522, anno in cui il condottiero turco-ottomano Khayr al-Din detto Barbarossa si riprese la città di Peñón de Vélez de la Gomera - che insieme ad Algeri divenne la principale base dell'attività corsara, gli assalti diventarono pressoché quotidiani. Una lapide rammenta una delle tante scorrerie: A 5 de Arbili 1546 esti istada isfatta sa villa de Uras de manus de Turcus e Morus essendi capitanu de Morus Barbarossa ("Il 5 aprile del 1546 è stata distrutta la città di Uras per mano di Turchi e Mori essendo capitano dei Mori Barbarossa"). Il grande pericolo turco-barbaresco e l'estrema vulnerabilità delle coste sarde, in ragione della sua vicinanza alla costa del Nordafrica, che - con venti favorevoli - distava soltanto un giorno di navigazione, aumentava dunque il rischio della Corona di Spagna di perdere il controllo dell'isola. A partire dal 1570 iniziò a farsi strada l'idea di dotare le coste della Sardegna di una rete di torri simili a quelle di cui erano già provvisti i regni di Granada e di Valencia e, nel mezzogiorno d'Italia, il Regno di Napoli e la Sicilia. Già nell'aprile del 1572 venne portata a termine la prima Relaciòn de todas las costas maritimas del Reyno de Cerdena y de los lugares donde se deven hazer las torres y atalayas, un piano di difesa regionale estremamente dettagliato realizzato da Marco Antonio Camos. Fu probabilmente il saccheggio dei villaggi di Quartu Sant'Elena, Quartucciu e Pirri da parte dei pirati barbareschi avvenuto nel 1582, che in quell'occasione giunsero fino alle porte di Cagliari, che indusse il re Filippo II di Spagna a concretizzare questo progetto difensivo con la costituzione, pochi mesi dopo, della "Reale amministrazione delle torri".
La Reale amministrazione delle torri
La Reale amministrazione delle torri, nata nel 1583 e paragonabile ad una moderna agenzia, aveva il compito di pianificare la costruzione di nuove torri oltre che provvedere alla loro manutenzione. Aveva inoltre la gestione del loro funzionamento, dall'arruolamento dei soldati al rifornimento delle armi per le guarnigioni. Rientrava tra i compiti istituzionali anche la ricerca dei fondi per il suo finanziamento. L'amministrazione aveva sede a Cagliari e ne erano a capo, oltre al viceré, due consiglieri (uno per lo stamento del "Capo di Sotto", Cagliari, ed uno per quello del "Capo di Sopra", Sassari) ed un capitano con funzioni prettamente militari, da cui dipendevano alcaidi, artiglieri e soldati di stanza nelle torri. Il personale civile era composto da un contadore, un segretario ed un clavario, oltre ad un sindaco ed un portiere, per il Capo di Cagliari, ed un pagadore ed uno scrivano per il Capo di Sassari. La funzione delle torri costiere venne meno nei primi anni del diciannovesimo secolo quando Inghilterra e Russia, intervenendo decisamente presso i bey di Tunisi, Tripoli e Algeri, li costrinsero ad allinearsi ai dettami del Congresso di Vienna che sanciva l'abolizione della schiavitù e, di conseguenza, della pirateria. Coincide infatti col 1815, anno in cui si svolse il Congresso, l'ultima incursione barbaresca nelle coste della Sardegna. La perdita di interesse strategico dei fortilizi comportò conseguentemente la sospensione dei finanziamenti per la loro manutenzione e la stessa Reale amministrazione delle torri venne soppressa con il regio editto del 17 settembre 1842 a firma di Carlo Alberto di Savoia. Secondo una relazione datata 20 marzo 1843, conservata nell'Archivio storico di Torino, le torri ancora presidiate a quella data assommano a 63. Soltanto alcune di esse conservarono una certa importanza tanto che vennero utilizzate fino alla seconda guerra mondiale come presidio doganale o militare, come sede di impianti telemetrici e di segnalazione o di punti di avvistamento ottico. La definitiva dismissione delle torri costiere come sistema difensivo avvenne nel 1989, in concomitanza dell'intesa Stato-Regione.
Ubicazione delle torri
L'ubicazione delle torri era imposta sia dalla natura stessa della costa - alta o bassa e di conseguenza diversamente accessibile agli invasori, che dalla presenza di importanti centri rivieraschi, tanto è vero che la densità maggiore di presidi si trova nei golfi di Cagliari, Oristano, Alghero e Asinara, oltre che a Bosa. In questi tratti di litorale le torri erano disposte in punti strategici da cui era possibile scrutare ampi tratti di mare; ciascuna di esse comunicava visivamente con le due adiacenti ed eventualmente, nelle giornate con bassa visibilità, i segnali luminosi potevano essere trasmessi servendosi dell'ausilio di "guardie morte" situate lungo la traiettoria tra un presidio e l'altro. Oltre ai fuochi segnaletici, costituiti da fiamme o fumate, ci si avvaleva dell'uso di segnali acustici prodotti da corni e campane e l'uso di un codice prestabilito permetteva il passaggio di informazioni piuttosto dettagliate sull'entità dell'eventuale attacco nemico. Per contro un ampio tratto di costa che va da Santa Teresa di Gallura a Siniscola non fu interessato dalla costituzione di una protezione costiera probabilmente per l'assenza di centri urbani importanti o forse per il fatto che la vicinanza della penisola italica fungeva da deterrente alle incursioni.
Tipologia delle torri
Sin dal periodo bizantino le torri si presentavano in tre diverse tipologie: • le più grandi e di difesa pesante, come ad esempio la torre di Calamosca a Cagliari e la Torre Grande ad Oristano, erano dette torri de armas o gagliarde. Erano comandate da un alcaide, che aveva a disposizione un artigliere e quattro soldati, ed erano armate tipicamente di quattro cannoni di grosso calibro, due spingarde e cinque fucili. Le dimensioni medie delle gagliarde erano di circa 17 metri di diamentro per 14 di altezza; • quelle di difesa leggera, chiamate senzillas, come le torri di Chia, Malfatano e Canai, erano presidiate da un alcaide, un artigliere e due o tre uomini, e dotate tipicamente di due cannoni di medio calibro, due spingarde e cinque fucili. Le dimensioni erano di circa 13 metri di diamentro e 10 di altezza; • infine, le più piccole, come quelle di Sa Mora, Sant'Elia e Lazzaretto, sono le torrezillas e fungevano quasi esclusivamente da punto di osservazione; erano presidiate da due soldati con in dotazione una spingarda e due fucili. Le dimensioni medie erano di 5 metri di diametro e 7 metri di altezza. L'accesso alle torri avveniva attraverso un boccaporto posto ad una altezza di 4/6 metri dal suolo e vi si accedeva con l'ausilio di semplici scale in corda o a pioli, che all'occorrenza venivavo ritirate all'interno con facilità dai soldati di guardia. Nelle torri più piccole la terrazza, detta piazza d'armi, si raggiungeva con le stesse modalità, mentre nelle senzillas e nelle torrezillas vi si accedeva attraverso delle scale in muratura poste in aderenza al muro perimetrale o ricavate all'interno di esso, oppure a chiocciola, anch'esse poste a ridosso del muro. Sulla terrazza era quasi sempre presente la "mezzaluna", una struttura leggera di forma semicircolare realizzata con canne e coppi, che poggiava sul parapetto, che aveva la funzione di dare riparo ai soldati e alle munizioni.
Postazioni mobili
A supporto del sistema difensivo fisso vi erano gli atalayas che erano soldati appiedati comandati alla perlustrazione delle porzioni di costa non dotate di torri. Nel periodo piemontese gli atalayas furono sostituiti con un sistema di guardie morte cioè punti di vedetta fissa poste nelle zone elevate e a maggiore visibilità. Vi erano inoltre le ronde marine, composte da tre uomini ciascuna che controllavano tratti prefissati di costa, e i bastonatieri i quali avevano il compito di recarsi, preferibilmente all'alba, in luoghi predeterminati per avvistare eventuali imbarcazioni nemiche. Il termine "bastoniere" deriva da bastone in quanto essi dovevano recarsi nei posti in cui, in precedenza, un funzionario aveva provveduto a depositare un bastone che essi dovevano riportare indietro per dimostrare che effettivamente si erano recati nel luogo prestabilito. Tuttora vi sono dei promontori che conservano la denominazione, come ad esempio la punta Sa Guardia de is Morus ("la guardia al moro") e punta Sa Guardia de is Turcus ("la guardia al turco").
I dazi sulle torri
La Reale amministrazione delle torri aveva, fra i compiti istituzionali, quello di reperire i fondi per il suo funzionamento e per tale ragione venne istituita una specifica tassa sulle esportazioni di alcuni prodotti a carico delle popolazioni dei centri costieri. Inoltre, i comuni distanti dalla costa sino ad un raggio di qualche decina di chilometri, erano tenuti al versamento all'Amministrazione di quote, a titolo di contributo, per gli innegabili benefici tratti dal loro territorio grazie alla presenza delle torri. Malgrado però gli introiti fossero piuttosto consistenti i rendiconti dell'epoca, per la verità piuttosto generici soprattutto nella parte relativa alle uscite, chiudevano spesso in passivo e ciò comportava periodici aumenti dei dazi e istituzione di nuove tasse; per limitare le spese, nel 1701 venne addirittura presa in considerazione la proposta di "dimezzare la paga ai soldati e di abbandonare alcune torri". La condizione in cui si trovavano i soldati era pessima, come si può rilevare da un documento del 1798 nel quale il relatore afferma che "lo stipendio è troppo basso perché possano campare" e, più avanti, che "si arruolano solo coloro che sono ridotti alla miseria". La gran parte di loro passava la propria vita negli spazi angusti delle torri, magari nascondendo le eventuali ferite o malattie per paura di essere riconosciuti inabili al servizio e, di conseguenza, "sospesi senza alcuna ricompensa". Sempre sui documenti dell'epoca si può leggere come non fosse improbabile trovare a presidio delle torri soldati di 60, 70 e anche 80 anni.
Le torri esistenti
Delle centocinque torri risultanti dai numerosi documenti storici, circa il 25 % è andato distrutto o si presenta oggi in forma di rudere, il 35% è in condizioni precarie, mentre il 40%, grazie ai lavori di restauro effettuati, è in buono od ottimo stato, tanto da poter essere visitate all'interno. Dal settembre del 2008 tredici torri costiere sono entrate a far parte del patrimonio della Conservatoria delle Coste grazie ad una delibera della Giunta regionale sarda che ha redatto un primo elenco delle aree di particolare rilevanza paesaggistica e ambientale che vengono affidate alla gestione integrata dell'Agenzia regionale Conservatoria delle coste, per le finalità e alle condizioni previste dalla Convenzione di Barcellona e dalla normativa regionale.
La Torre delle saline
La torre delle Saline è una torre che fa parte del complesso di strutture fortificate che, dall'alto medioevo sino alla metà del diciannovesimo secolo, hanno costituito il sistema difensivo, di avvistamento e comunicazione delle coste della Sardegna. Appartenente alla categoria delle torri de armas, di difesa pesante, era all'epoca anche un importante presidio per le antiche tonnare e le saline, presenti sin dal 1200 d.C., che vi erano nelle immediate vicinanze. È in contato visivo con le torri di Porto Torres, Trabucado e di capo Falcone. La torre è situata sulla riva del mare, all'estremità nord dell'omonima spiaggia, è a due piani ed è costruita con pietra del luogo, scisto. Ha forma conica, un'altezza di 12,5 m e un diametro di 11,80 m; lo spessore del muro è di due metri. Il boccaporto, per motivi di sicurezza, è collocato a quattro metri di altezza dal suolo e, come nella gran parte delle torri costiere della Sardegna, l'accesso al fortilizio avveniva con l'ausilio di scale in corda o a pioli che in caso di pericolo potevano essere ritratte con rapidità. Il primo piano è un camerone a prova di bomba di 7,30 metri di diametro con al centro un largo pilastro che sorregge il solaio, una volta a forma di fungo. Tre troniere disposte a raggiera facilitavano l'aerazione dell'ambiente e permettevano un certo controllo dell'area circostante. Attraverso una scala a pioli si accedeva al secondo piano, un vano con volta a cupola anch'esso con pilastro centrale, mentre l'accesso alla piazza d'armi avviene grazie ad una stretta scala ricavata all'interno del muro perimetrale che termina con un boccaporto, in origine probabilmente sormontato da una garitta in muratura a protezione dagli agenti atmosferici. Presumibilmente sopra la terrazza era presente la cosiddetta "mezzaluna", una struttura leggera dalla forma di semicerchio fatta di coppi e canne, che poggiava sul parapetto, realizzata allo scopo di dare riparo ai soldati e alle munizioni. Durante un restauro il solaio della terrazza è stato demolito e rifatto in maniera diversa dall'originale. La torre delle Saline era classificata come torre gagliarda (de armas) cioè di difesa pesante e pertanto poteva vantare una guarnigione formata da un alcaide, che era il comandante, e cinque o sei militari tra artiglieri e soldati. Essi avevano a disposizione un armamento composto da due cannoni calibro 2x4, tre spingarde e cinque fucili. Dalla Relaçion de todas las costas maritimas de lo Reyno de Cerdeñadel stilata su incarico di Filippo II re di Spagna dal castellano e capitano (podestà) di Iglesias Marco Antonio Camos, la torre risulta edificata nel 1572.