Antiche Divinita
La figura della Dea Madre
La religiosità di queste popolazioni era strettamente legata alla natura e a tutte le sue manifestazioni (come le fonti d'acqua, la pioggia, i boschi), ma dalle testimonianze dei reperti archeologici, traspare un importante culto legato alla fecondità e che aveva come figura centrale la Dea Madre, come i loro predecessori neolitici. La rappresentavano attraverso statuine di marmo e di argilla, dalle forme lineari e geometriche, ma spesso anche molto esuberanti, a testimonianza di una concezione matriarcale del divino che richiama da vicino le piccole statuine dell'isola di Malta, evidenziando ancora una volta la prossimità culturale fra l'Oriente e l'Occidente del Mediterraneo. Lo studioso Giovanni Lilliu, a proposito di questa singolare credenza delle antiche genti sarde, così si esprime: « La figura della madre terrena, doppio della vegetazione, viene nobilitata e transumanata nella figura della madre celeste, la Dea Madre, di cui si ripetono numerose le immagini, in pietra e di terracotta, o i disegni simbolici, che la riproducono ora seduta ora in piedi, in forme talvolta esuberanti e carnose proprie della natura gravida di frutti, ora in espressioni schematiche e trascendenti coerenti con il concetto astrattivo della divinità e con la concezione dualistica della vita, fatta di cose concrete e di simboli, caratteristica della civiltà e della società contadina attenta a terra e cielo, nel rapporto agrario continuo ed organico. »
La figura del Dio Toro
Altra particolare caratteristica della cultura di Ozieri è la figura astratta del Dio Toro, ossia il culto del bue. Secondo queste antiche credenze, questo animale incarnava la fertilità maschile legata al concetto della fecondità agraria, essenziale per lo sviluppo delle popolazioni nelle civiltà del Rame e del Bronzo. Queste credenze lasciano supporre che per gli antichi sardi esisteva un forte legame tra il simbolismo materno (e lunare) con il simbolismo taurino paterno (e solare). Su questi particolari culti, lo studioso Giovanni Lilliu scrive: « Altra espressione di questa società rurale... è il culto del bue (o del toro), figura dell'agricoltura evoluta all'aratro, che diventa il partner della Terra madre, cioè della Dea Madre; e come questa, protegge vivi e morti. Il dio maschio e padre si riconosce per segni diversi. Talvolta è simboleggiato da grandi pietre verticali appuntite (i cosiddetti menhir), di evidente carattere fallico. Altre volte, nelle tombe sotterranee scavate nella roccia, la sua immagine aniconica è la colonna liscia o anche segnata da uno schema di corna bovine in rilievo. Il più delle volte, protomi taurine, scolpite o dipinte, isolate in coppia o con plurime iterazioni evocative, ornano porte e pareti delle domus de janas e rendono dappertutto presente e insistente la simbologia magicamente protettiva e restauratrice del bue come personificazione divina caratteristica e necessaria della società agricola. »
Il culto delle acque
Molto importante fra i nuragici fu il culto delle acque, forse connesso al culto della dea Orgìa corrispondente proto-sarda della greca Medusa. In degli speciali edifici religiosi chiamati pozzi sacri, diffusi in tutto il territorio sardo, venivano depositate offerte votive per richiedere alle divinità acquatiche guarigioni e purificazioni