Itinerari Storici
Trenino verde
Il Trenino Verde della Sardegna è il servizio turistico ferroviario dell'ARST. Caratterizzate da tempi di percorrenza piuttosto elevati e da tracciati tortuosi situati in zone suggestive dal punto di vista paesaggistico, le ferrovie a scartamento ridotto sarde hanno sempre attirato l'attenzione dei viaggiatori per gli scenari che si presentavano durante i viaggi lungo queste linee. Già nel 1921 lo scrittore britannico David H. Lawrence, nel suo libro Mare e Sardegna, raccontò le sue esperienze di viaggio lungo la Cagliari-Isili-Sorgono. Nel dopoguerra prese pian piano corpo una vera e propria forma di turismo ferroviario nell'isola, fatto che spinse le concessionarie delle linee secondarie di allora, ovvero Strade Ferrate Sarde e Ferrovie Complementari della Sardegna, a organizzare in maniera più organica un servizio per i turisti negli ottanta. Si scelse così il nome di Trenino Verde, denominazione utilizzata per la prima volta nel 1984 per via dei tanti tratti ricchi di vegetazione che si incontravano sul cammino dei convogli. Vista la crescente domanda di turismo ferroviario, le Ferrovie della Sardegna (nate nel 1989 dalla fusione di FCS ed SFS), col supporto di ESIT, WWF e Italia Nostra, ottennero finanziamenti da parte della Regione e della Comunità Europea per far fare un salto di qualità al servizio. Con questi soldi furono sottoposte a restauro locomotive a vapore, carrozze d'epoca, stazioni e porzioni di linea. Il 10 maggio 1995, 14 anni dopo la sua chiusura, la ristrutturata tratta Tresnuraghes-Bosa Marina fu riaperta al traffico ferroviario dei convogli del Trenino Verde, divenendo così la prima linea ad utilizzo esclusivamente turistico della Sardegna. Due anni dopo, il 16 giugno 1997, 4 linee della rete FdS, la Mandas-Arbatax, la Isili-Sorgono, la Macomer-Tresnuraghes e la Nulvi-Tempio-Palau, vennero chiuse al traffico ordinario e riconvertite anch'esse a linee turistiche. Sempre nell'ambito del progetto Trenino Verde furono aperti due musei a tema, nei locali adiacenti alle stazioni di Monserrato e Tempio Pausania.
La Sardegna tra ottocento e novecento
La Sardegna a cavallo fra Ottocento e Novecento non risulta una regione economicamente strategica dell'Italia unita, risentendo delle generali problematiche del Mezzogiorno e della priorità di sviluppo del triangolo industriale. L'unità di popolazioni diverse per lingua e cultura in un'Italia da poco riunita e insofferente ad ogni tipo di decentramento politico e amministrativo, rese arduo il realizzarsi di una effettiva unità nazionale, determinando invece marcate differenze nello sviluppo economico e culturale tra il Nord e il Mezzogiorno. Nell'Isola i grandi proprietari terrieri formavano la classe dirigente la quale in cambio della possibilità di esercitare il potere a livello locale - appropriandosi in questo modo delle terre comunali - rinunciò a svolgere una funzione attiva e autonoma all'interno del nuovo Stato unitario. Mentre tra le masse popolari delle città e dei grandi centri cresceva il malcontento verso uno Stato la cui presenza oppressiva si manifestava principalmente attraverso gli esattori delle tasse, le Forze dell'ordine e l'obbligo della leva militare, nei territori interni scoppiarono rivolte alle quali si accompagnò poi il fenomeno del banditismo, represso nel 1899 con una vera e propria spedizione militare. Le inchieste condotte nel 1885 dai deputati Francesco Salaris e nel 1895 da Francesco Pais Serra testimoniarono i gravi problemi sociali ed economici nei quali vivevano i sardi. La debole modernizzazione e i conflitti commerciali con altri paesi europei, specie con la Francia, misero in ginocchio l'assetto produttivo e sociale isolano. Sotto la spinta delle nuove idee socialiste, le masse lavoratrici si organizzarono in leghe sindacali dando vita ai primi scioperi. Il 4 settembre del 1904 a Buggerru, un centro minerario dell'Iglesiente, l'esercito sparò contro i minatori che scioperavano chiedendo migliori condizioni di lavoro: rimasero uccisi tre operai mentre i feriti furono undici. Le avanguardie della cultura isolana e le masse lavoratrici si opposero ai governi di Giolitti e al giolittismo rappresentato nell'isola dal ministro Francesco Cocco Ortu accusandolo di una gestione clientelistica del potere. In continuazione con idee già vive nel secolo precedente, furono valorizzate la storia e la cultura isolana, mitizzando ed esaltando l'antica Civiltà nuragica e quella giudicale, periodi nei quali la Sardegna veniva vista libera e indipendente.[58] Insieme alla denuncia dei mali che affliggevano la Sardegna, la nuova vivacità culturale che si stava affermando proprio in età giolittiana, riscopriva e raccontava la sardità attraverso artisti e scrittori come Sebastiano Satta, Francesco Ciusa, Grazia Deledda, non dimenticando però di ben evidenziare i profondi legami tra il sottosviluppo dell'Isola e il nascente capitalismo continentale. Lo stesso Antonio Gramsci, che da studente visse intensamente a Cagliari quel periodo, davanti alle sofferenze dei lavoratori e alla feroce repressione che seguiva le rivolte, ricordava in una lettera della sua convinzione di lottare in quel periodo per l'indipendenza nazionale della regione. In questo fermento di idee che scuoteva tutta la Sardegna, il giovane socialista nuorese Attilio Deffenu, dava vita ad un ampio movimento anti-protezionista con l'intento di riunire in un unico schieramento le forze più avanzate sia socialiste che radicali e cattoliche. Rivendicavano gli anti-protezionisti non solo azioni per portare fuori l'Isola dal sottosviluppo, ma anche una soluzione alla questione sarda indicando la direzione per un nuovo rapporto tra la Sardegna e il Governo centrale. Nell'aprile del 1913, insieme a Nicolò Fancello fondò un Gruppo d'azione per gli interessi della Sardegna al quale presero parte i migliori intellettuali isolani. Nel manifesto che fu pubblicato in quell'occasione si sosteneva che l'abolizione del protezionismo è condizione indispensabile per l'elevazione economica della Sardegna. Mentre il movimento cercava di portare avanti questa carica rinnovatrice, l'Italia fu coinvolta e travolta dalla guerra.
Il dopoguerra
Con la conclusione della seconda guerra mondiale, insieme alla Costituzione repubblicana, viene promulgato lo Statuto Speciale di Autonomia, il secondo dopo la Sicilia e oggi esteso in totale a cinque regioni. Il dopoguerra, caratterizzato dall'eradicazione della malaria (grazie alla Fondazione Rockefeller) e dalle richieste e rivendicazioni economiche, vede l'affermarsi della politica dei Piani di Rinascita, misure legislative speciali per il finanziamento dell'industrializzazione della Sardegna (a Porto Torres, Ottana, Portovesme e Sarroch), insieme alle politiche di infrastrutturazione e abitative, ma anche l'installazione di diverse servitù militari per un totale di migliaia di ettari occupati in parte legate alle vicende della guerra fredda e all'alleanza con la NATO. Col miracolo economico italiano si verifica uno storico movimento migratorio dall'interno verso le coste e le aree urbane di Cagliari, Sassari-Alghero-Porto Torres e Olbia, che raccolgono oggi gran parte della popolazione sarda. Cresce e si afferma il settore turistico, fino a fare dell'Isola una delle mete più conosciute a livello italiano e internazionale, in particolare grazie alla Costa Smeralda. Rimangono inoltre sempre vivi i fermenti culturali e le tradizioni popolari, come la nascita di talenti artistici e letterari e di figure politiche ai massimi livelli, fra cui Antonio Segni, Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga. Diversi dati attestano che la Sardegna sia l'area più inquinata ad oggi rinvenibile nei territori dello stato italiano, in particolar modo a causa dei falliti piani di industrializzazione. Alla fine del XX secolo la Sardegna si attesta economicamente a metà strada fra centro e sud Italia, con un reddito medio pro capite simile a quello dell'Abruzzo, poco inferiore alla media europea. Altri indicatori ne sanzionano i progressi sia economici, sia sociali, ma non annullano le difficoltà di crescita e sviluppo organico ancora presenti. Negli anni recenti, le nuove tecnologie informatiche e il miglioramento dei trasporti, specie quelli aerei con le compagnie aeree a basso costo, hanno attenuato la condizione di insularità e contribuito a innovare e diversificare l'economia locale.