Itinerari Culturali
Gli albori
Nel IV millennio a.C. si sviluppò la prima espressione culturale di cui si trovano tracce in tutta l'isola, la Cultura di Ozieri. I ritrovamenti archeologici conservati nei più importanti musei isolani hanno messo in risalto quale progresso sociale e culturale conseguirono le popolazioni preistoriche sarde. Le testimonianze archeologiche della civiltà nuragica sono innumerevoli. Frammentata in cantoni e al centro di intensi scambi commerciali con i popoli che abitavano le coste del Mediterraneo, ha lasciato sull'isola importanti e numerose vestigia. I Fenici frequentarono assiduamente la Sardegna introducendovi le prime forme di urbanesimo. Cartagine e Roma se la contesero lasciandovi tracce indelebili. Sin dalla nascita dell'archeologia il territorio sardo fu ritenuto di grande interesse per i primi ricercatori. Nel XIX secolo il canonico Giovanni Spano diede inizio all'esplorazione dei maggiori siti, descrivendo poi le sue scoperte nel Bullettino archeologico sardo. Nei primi anni del XX secolo, l'archeologo Antonio Taramelli intraprese una serie di scavi nel sud dell'isola e la sua attività di recupero ed individuazione di nuovi siti continuò per circa trent'anni. Nel dopoguerra Giovanni Lilliu portò alla luce il villaggio nuragico di Su Nuraxi a Barumini, concorrendo ad aprire nuove prospettive e conoscenze sulla storia degli antichi Sardi.
La cultura di Ozieri
La cultura di Ozieri (o di San Michele) fu una cultura prenuragica che si sviluppò in tutta la Sardegna durante un periodo di tempo che va dal 3200 a.C. al 2800 a.C[1]. Il suo nome deriva dalla località in cui sono state rinvenute per la prima volta testimonianze importanti e precisamente in una grotta chiamata di San Michele, presso la cittadina di Ozieri nella Sardegna settentrionale. Gli scavi archeologici effettuati nel 1914 e successivamente 1949 hanno portato alla luce oggetti con rifiniture fino ad allora mai viste in Sardegna. Tali ritrovamenti evidenziano chiaramente il notevole progresso sociale e culturale conseguito dalle popolazioni preistoriche sarde, progresso che si estese anche oltre lo stretto di Bonifacio, fino alla vicina Corsica]. Nella grotta di San Michele furono rinvenuti vasi finemente lavorati e forniti di tripodi, con motivi geometrici incisi elegantemente sull'argilla e colorati con ocra rossa. I più datati si presentano di forma tonda e poco rifiniti, mentre quelli di epoca più tarda sono fortemente stilizzati e con una forma più affinata. Sulla base di questi importanti ritrovamenti gli archeologi sono concordi nel definire la Cultura di Ozieri come la prima grande cultura sarda. Gli studiosi considerano questo tipo di vasellame come una novità per la Sardegna neolitica e fino ad allora simili manufatti erano ritenuti tipici delle isole Cicladi e di Creta. Si presume che a seguito di importanti scambi con quelle lontane isole, nuove tecniche manifatturiere, nuove conoscenze nella metallurgia e nuovi stili di vita, vivificarono le esistenti culture dando un notevole impulso ai commerci e originando una più evoluta società civile organizzata stabilmente in tante comunità. Alla luce di queste preziose testimonianze l'origine della Cultura di Ozieri fu definita di provenienza orientale e tali ritrovamenti dimostrarono inequivocabilmente il forte scambio culturale e commerciale intercorso tra i sardi pre-nuragici e popolazioni neolitiche greche. Secondo uno dei più noti studiosi della preistoria sarda, l'archeologo Giovanni Lilliu, una peculiarità di questa cultura fu l'evolversi progressivo da una originaria società di tipo urbano e sedentario, ad una società rurale e contadina dove le popolazioni vivevano prevalentemente raggruppate in piccoli villaggi. Questa importante caratteristica - sempre secondo il noto studioso - ha un preciso significato storico perché individua le origini e spiega i successivi modelli di sviluppo della Sardegna attraverso i secoli, modelli calcati (in parte ancora oggi) sul tipo di società del villaggio Sono stati rinvenuti dappertutto nell'Isola, sia nelle pianure che nelle montagne, più di 200 piccoli centri rurali, costituiti prevalentemente da capanne costruite in pietra, con un muro circolare (ma anche rettangolare) sul quale veniva poi adagiata una struttura in legno ricoperta successivamente di frasche. A Puisteris, vicino a Mogoro ne è stato ritrovato uno formato da 267 capanne, si pensa erette anche su pali infissi nel terreno. I pavimenti erano costituiti da lastre di calcare, di acciottolato di basalto o argilla battuta. La totale mancanza di fortificazioni a difesa dei villaggi e la scarsità di armi rinvenute nelle sepolture, lasciano intuire che queste genti coabitavano pacificamente il territorio e nessuna evidenza lascia trasparire segni di quella bellicosa classe di guerrieri che sorgerà, più tardi, fortissima e dominante, durante la civiltà nuragica, anche se, nella facies gallurese già si intravede la nascita di una particolare aristocrazia, in contrasto con la struttura tendenzialmente democratica della corrente principale nella cultura di Ozieri.