Sassari
La città
Sassari, Tàttari in sardo. è un comune italiano di 127 637 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Sardegna. Sede universitaria, arcivescovile e di sezione distaccata di corte d'appello, quinto comune nazionale per estensione e secondo centro dell'isola per popolazione Sassari costituisce il cuore di un'area vasta di circa 260 000 abitanti. La città di Sassari è il polo urbano storico del Capo di sopra dell'isola. Con i suoi 546,08 km², è il comune più esteso della regione e il più esteso d'Italia dopo Roma, Ravenna, Cerignola e Noto. Essa sorge su un tavolato calcareo declinante a nord-ovest verso il golfo dell'Asinara e la pianura della Nurra, mentre a sud-est il terreno è prevalentemente collinare. Il territorio urbano e suburbano è caratterizzato da valli e gole che incidono profondamente l'altopiano su cui è adagiata la città. Coltivazioni ortive, oliveti e boschi circondano il centro urbano e costituiscono l'aspetto paesaggistico peculiare di tutto il settore orientale del territorio comunale. Appartiene al territorio di Sassari lo scoglio Businco.
Clima
Sassari gode di un clima temperato caldo di tipo mediterraneo. Gli inverni sono miti e umidi, le estati calde e secche. Le precipitazioni si concentrano soprattutto nei mesi invernali e autunnali. I dati pluviometrici differiscono a seconda dell'altimetria e della distanza dal mare, la media nel territorio comunale è di 588,2 mm/anno, ma notevoli differenze si riscontrano nelle stazioni localizzate nell'area urbana e in particolare nei quartieri meridionali, fino a un massimo di 647,7 mm/anno presso la stazione meteorologica di Serra Secca, posta a 310 metri sul livello del mare Le nevicate sono sporadiche ma non eccezionali. Le precipitazioni a carattere nevoso si concentrano generalmente nei mesi di gennaio e febbraio. Il clima dell'area di Sassari risulterebbe, secondo la rivista statunitense Weatherwise, tra i 10 più confacenti alla specie umana. Più precisamente viene collocata al 4º posto mondiale, tra le 10 città con il clima più piacevole. Storia
Preistoria e storia antica
Il territorio di Sassari è abitato dall'uomo sin dal periodo prenuragico come testimoniato dai resti di abitati neolitici, dalle numerose domus de janas, dai menhir e dal dolmen di San Bainzu Arca. Il monumento più importante ed enigmatico di quel periodo è però l'altare megalitico di Monte d'Accoddi, edificato dalle genti della cultura di Ozieri nel IV millennio a.C. e poi restaurato nel millennio successivo dalle popolazioni della cultura di Abealzu-Filigosa, che gli donarono il caratteristico aspetto a gradoni; il sito fu frequentato come luogo di sepoltura fino all'antica età del bronzo (cultura di Bonnanaro), quando era già in rovina, per poi essere abbandonato definitivamente. Nell'età dei nuraghi il territorio sassarese era fortemente antropizzato come dimostrato dall'alto numero di siti nuragici, più di 150, suddivisi in nuraghi semplici e complessi, villaggi, tombe dei giganti e pozzi sacri. In epoca romana le campagne di Sassari erano costellate da numerose fattorie di proprietà dei latifondisti della colonia di Turris Libisonis, l'odierna Porto Torres.
Le origini della città e il Libero Comune
Le origini dell'attuale abitato di Sassari sono da ricercare nell'Alto Medioevo, quando la popolazione della città costiera di Turris Libisonis gradualmente si rifugiò verso l'interno, a causa delle incursioni dei pirati saraceni. Intorno al XI-XII secolo oltre a Sassari, sorgevano nei suoi dintorni altre ville, poi scomparse, come Silki, Bosove, Enene e Kiterone. È solo nel 1131 che la città viene menzionata per la prima volta in riferimento a un tale Jordi de Sassaro, servo di Bosove, mentre nel 1135 viene citata la chiesa di San Nicola (Sancti Nicolai de Tathari). Queste informazioni circa la città provengono dal Condaghe di San Pietro in Silki, codice medievale scritto in logudorese e compilato dal 1150 al 1180, ma contenente anche atti più antichi risalenti al secolo precedente. Fu l'ultima capitale del Giudicato di Torres, e nel 1294 diviene Libero Comune, confederato a Genova (dopo un primo periodo filo-pisano), a seguito della promulgazione degli Statuti Sassaresi. Questo corpus di leggi, redatto sia in latino che in sardo logudorese, regolava l'organizzazione ed il funzionamento della città: dall'urbanistica, alle attività economiche, alla giustizia. Gli statuti sassaresi sono uno dei documenti identitari più importanti non solo per la città di Sassari, ma per l'intera isola. È in questo periodo che, contesa fra le repubbliche marinare, Sassari si dotò delle prime mura e torri.
Sassari aragonese e spagnola
Alla notizia dell'intervento aragonese, la borghesia cittadina si avvicinò ai reali d'Aragona, presentando nel 1323 una propria delegazione alla corte dell'infante Alfonso e offrendosi di essere parte del nascente Regno di Sardegna. Sassari contava all'epoca circa 10.000 abitanti. Ciononostante i sassaresi mal tollerarono la sudditanza e la scarsa autonomia; così, sotto la spinta della Repubblica di Genova e dei Doria, la città si ribellò ai catalano-aragonesi, dando inizio ad un periodo di rivolte popolari che culminò nell'espulsione degli abitanti e la loro sostituzione con sudditi catalani; tentativo di colonizzazione che tuttavia diede scarsi risultati. Divenuta città regia nel 1331, Sassari fu poi conquistata dagli Arborea durante la guerra sardo-catalana; la città fu infatti l'ultima capitale del Giudicato di Arborea dal 1410 al 1420, fino alla vendita dei diritti di quest'ultimo da parte dell'ultimo giudice Guglielmo III di Narbona al re d'Aragona Alfonso V il Magnanimo per 100.000 fiorini d'oro. Gli aragonesi costruirono il castello di Sassari con lo scopo principale di difendersi dalle rivolte degli stessi sassaresi; esso venne demolito nel 1877 per decisione del Consiglio comunale, in quanto simbolo dell'oppressione straniera e dell'oscurantismo religioso, essendo stato sede dell'Inquisizione spagnola. I resti del castello, comprendenti le fondazioni e due corridoi dell'antemurale cinquecentesco che ospitava le artiglierie, sono stati recentemente riportati alla luce e sono visitabili nell'omonima piazza. Tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo Sassari visse un periodo di grave crisi economica e sociale. Nel 1527-28 venne ripetutamente invasa e saccheggiata dai francesi guidati da Renzo degli Anguillara, le continue incursioni piratesche nel Mediterraneo impoverirono l'economia cittadina, basata sul commercio, e diverse epidemie uccisero molti dei suoi abitanti. Nella seconda metà del XVI secolo la città, che ospitava una folta comunità còrsa, si risollevò dopo anni di crisi, rinacque culturalmente, rifiorirono le arti, grazie all'introduzione della stampa, si diffuse il pensiero umanistico, grazie anche all'opera di Giovanni Francesco Fara e del vescovo Salvatore Alepus. Tra i pittori che svolsero la loro attività in città, a quel tempo, sono da menzionare Giovanni Muru, il Maestro di Ozieri (Giovanni del Giglio), Andrea Lusso, il fiorentino Baccio Gorini e vari artisti di scuola fiamminga. Nel 1562 venne istituito uno studio generale, aperto dai gesuiti, che, nel 1617, portò alla fondazione della prima università della Sardegna, cui contribuirono, fra gli altri, Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V, che, nel 1558, nel proprio testamento lasciò i suoi beni alla municipalità per l'istituzione dell'Ateneo, e l'arcivescovo Antonio Canopolo, che nel 1611 fondò un Seminario Tridentino (con annesso Convitto per esterni), per la diocesi di Oristano, affidato ai gesuiti e oggi evolutosi in Convitto Nazionale "Canopoleno". La cosiddetta "lotta per il primato" acuì la rivalità con la città di Cagliari; la competizione tra le capitali del Capo di sopra e del Capo di sotto porterà i sassaresi a a rivendicare il diritto ad avere un Parlamento nella propria città, e la sede del Sant'Uffizio dell'Inquisizione. Nel 1582 la città viene colpita da una grave epidemia di peste e, con la decimazione della popolazione a seguito di questa e di altre epidemie, Sassari cessò di essere il maggior centro dell'isola. L'ultima fase della dominazione spagnola comporta anni di decadenza per Sassari e per tutta la Sardegna, visto il minor interesse verso l'isola da parte degli iberici, dopo che la Corona di Spagna aveva iniziato la sua espansione nel Nuovo Mondo.
Sassari sabauda
Col trattato di Utrecht nel 1713, inizia la breve dominazione austriaca. Pochi anni dopo nel 1720, la Sardegna passa ai Savoia. Sul finire del XVIII secolo in città, sulla scia dei sommovimenti locali e della diffusione delle idee della rivoluzione francese, la nobilità sassarese sfrutta l'occasione per chiedere al re l'autonomia da Cagliari.[21] Questo provocò la reazione dei cagliaritani, che cercarono l'appoggio dei vassalli locali, e degli abitanti di tutto il Logudoro per manifestare in città il 28 dicembre 1795 cantando il famoso inno Su patriotu sardu a sos feudatarios. Il ViceRé Filippo Vivalda, preoccupato di una possibile degenerazione in rivolta inviò a Sassari Giovanni Maria Angioy, funzionario e giudice della Reale Udienza, con la carica di alternòs, ovvero rappresentante del Governo con delega dei poteri viceregi, dove fu accolto come un liberatore trionfante. Angioy cercò per tre mesi di riconciliare feudatari e vassalli, ma resosi conto del diminuito interesse e sostegno governativo e cagliaritano, lavorò ad un piano eversivo con emissari francesi, mentre Napoleone Bonaparte invadeva l'Italia. Tuttavia venendo meno ogni possibile appoggio esterno con l'Armistizio di Cherasco e la Pace di Parigi, decise di effettuare una marcia antifeudale su Cagliari ma dal Viceré gli vennero revocati i poteri, e dovette arrestare la marcia dopo esser stato abbandonato da molti sostenitori all'accoglimento reale della cinque richieste degli Stamenti Sardi, fuggendo a Parigi. Ristabilito il controllo, i Savoia sedarono il dissenso senza tuttavia far cessare del tutto le rivolte e dissidi che continuarono sporadici fino alla metà dell'Ottocento, come nel 1833 quando il patriota sassarese Efisio Tola venne fucilato a Chambéry perché accusato di essere vicino agli ideali della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. Fra la fine del XVIII e tutto il XIX secolo, si vive un'era di rinascita culturale e urbanistica, l'Università viene riaperta, la città dopo cinque secoli si espande oltre il tracciato delle Mura di Sassari, fortificazioni pisane trecentesche, (quando in concomitanza di un'epidemia di colera venne dato il permesso di abbatterle in grande parte, dando così sfogo ad un abitato che era divenuto estremamente compatto e denso), si costruiscono nuovi quartieri, prendendo come modello la nuova capitale del regno, cioè Torino, con strade a maglia ortogonale, viene realizzato il nuovo ospedale, le carceri, il teatro civico, scuole e piazze, la rete ferroviaria e fognaria, l'illuminazione a olio, e più avanti, a gas, il vicino Porto di Torres, viene ristrutturato, si attivano i primi collegamenti navali di linea tra il porto sardo e Genova, con l'impiego di navi a vapore, come il Gulnara, prima imbarcazione che utilizzava questo tipo di propulsione, in Italia. La città si apre ad importanti attività imprenditoriali, l'industriale sassarese Giovanni Antonio Sanna, acquisisce la miniera di Montevecchio, si crea un'area industriale a ridosso della nascente ferrovia, diventa la seconda città italiana per la produzione del cuoio. La nuova espansione urbanistica seguì uno sviluppo geometrico regolare, costretto a fertili compromessi con la realtà del territorio e gli eventi storici. L'asse centrale, il corso Vittorio Emanuele, venne prolungato dando vita a via Roma, strada principale del quartiere umbertino. Nel Novecento, i successivi piani regolatori ampliarono la griglia inserendo nuovi assi generatori verso le principali emergenze architettoniche dei dintorni, estendendo l'abitato oltre i limiti delle valli e procedendo con diverse zonizzazioni a carattere residenziale e commerciale. Passando indenne la seconda guerra mondiale e scampando a tre bombardamenti programmati che fecero cadere una sola bomba nei pressi della stazione causando una vittima, e diventando repubblicana suo malgrado avendo confermato la fedeltà alla monarchia sabauda col 71,7% dei voti, la città crebbe principalmente per la migrazione dall'entroterra, grazie al costante afflusso dai paesi del nord Sardegna, esercitando una forte influenza nella vita pubblica italiana, sia in campo militare grazie alla Brigata Sassari, sia nelle vicende politiche (vedansi i Presidenti della Repubblica Italiana Antonio Segni e Francesco Cossiga, nonché Enrico Berlinguer), molti dei quali legati all'episodio dei cosiddetti giovani turchi. Fino alle creazione della provincia di Olbia-Tempio, Sassari era capoluogo della più grande provincia d'Italia, e nonostante il distacco della ex-frazione di Stintino è ancora il quinto comune italiano per estensione territoriale con una superficie di 546 km². Raggiungendo una popolazione di 130.000 abitanti, in leggera ma costante crescita, Sassari resta la seconda città dell'isola e il centro di riferimento del Capo di sopra.
Siti archeologici
Altare di Monte d'Accoddi Complesso prenuragico di Monte d'Accoddi, piramide a gradoni di origine prenuragica, IV millennio a.C. Giacimento fossile di Fiume Santo, dove è stato rinvenuto lo scheletro di un Oreopithecus bambolii, primate antropomorfo vissuto 8-9 milioni di anni fa Necropoli di Montalè, presso Li Punti Necropoli di Ponte Secco, presso Ottava Necropoli di Li Curuneddi Nuraghi Rumanedda, Giagamanna, Li Luzzani, Gioscari, Funtana di la Figga, San Giovanni Piazze[modifica | modifica wikitesto] Piazza d'Italia Piazza Castello Piazza Azuni Piazza Tola Piazza Sant'Antonio Vie[modifica | modifica wikitesto] Corso Vittorio Emanuele Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto] Particolare della cupola della chiesa di Santa Maria di Betlem Chiesa di Santa Caterina (XVI secolo) Chiesa rupestre di Funtana Gutierrez, VII-IX secolo. Chiesa di San Pietro di Silki, XI-XVII secolo. Cattedrale di San Nicola, XII-XVIII secolo. Chiesa di Santa Maria di Betlem, XII-XIX secolo. San Michele di Plaiano, XII secolo. Santa Barbara di Innoviu, XIII secolo. Nostra Signora di Latte Dolce, XIII secolo. Chiesa di San Quirico, XIII-XVI secolo. San Donato, XIII-XVII secolo. San Giacomo di Taniga, XIV secolo. Cappella dell'Annunziata e Cappella dell'Ospedale di Santa Croce, XV secolo. Sant'Agostino, XVI-XVII secolo. San Giacomo, XVI-XVII secolo. Santa Caterina, XVI secolo. Madonna del Rosario, XVII secolo. Sant'Andrea, XVII secolo. Episcopio, XVII secolo. Chiesa e convento del Carmelo, XVII-XVIII secolo. Chiesa e convento delle Cappuccine, 1673-1695. Sant'Antonio Abate, 1700-1707. Chiesa di San Pasquale Baylon, 1780. Basilica del Sacro Cuore, 1943-1952. Chiesa di San Michele di Murusas, XII secolo Chiesa di sant' Antonio di Noi Noi o di Innoviu
Architetture civili
Palau Montanyans (XV secolo) Laveria dell'Argentiera. Casa aragonese, XV-XVI secolo. Case gotiche catalane, corso Vittorio Emanuele, XV secolo. Ex Casa Professa ora Museo Sassari Arte, fine del XVI secolo con modifiche seguenti, architetto Fernando Ponce de Leon. Palazzo Manca di Usini in piazza Tola, dal nome del barone d'Usini che ne fu edificatore, sede della biblioteca comunale, XVI secolo. Università ed estanco (sede di monopolio) del tabacco, XVI-XVII secolo. Palazzo Moros y Molinos, XVII secolo. Fontana di Rosello, 1585-1606 Palazzo della Frumentaria, XVI-XVII secolo, antico deposito pubblico del grano Palazzo di San Saturnino, inizi XIX secolo. Palazzo Quesada di San Sebastiano, inizi XIX secolo. Palazzo Ducale, dal duca dell'Asinara, sede del Comune di Sassari, 1775-1804, architetto Carlo Valino Teatro Civico o Palazzo Civico o Palazzo di Città, 1826-1830 Palazzo della Provincia in piazza d'Italia, sede della Provincia di Sassari, 1873 Palazzo Giordano, piazza d'Italia, sede del Banca di Credito Sardo, 1878 Palazzo Cugurra in via Roma, sede di uffici della Regione Sardegna Villa Mimosa già villa Sant'Elia, sede della Confindustria locale Ponte Rosello, 1934 Palazzo Tola Palazzo Quesada Palazzo Nigra Ciceri Casa Ferrà Palazzo Arborio Mella (Artea) Convitto Nazionale Canopoleno Padiglione per l'artigianato "Eugenio Tavolara" per l'esposizione dell'Istituto sardo organizzazione lavoro artigianale (ISOLA), 1956, architetto Ubaldo Badas Borghi minerari dell'Argentiera e di Canaglia.
Architetture militari
Le Mura di Sassari, costruite nel XIII secolo, cingevano la città intervallate da 36 torri di cui ne rimangono solo 6, tra le quali l'unica torre tonda detta anche Turondola accessibile da piazza Università. Le mura sono visibili lungo il perimetro della città medioevale, ed in particolare in corso Vico, corso Trinità e via Torre Tonda. Il Castello di Sassari, del 1330. Costruito dagli aragonesi, fu demolito nel 1877 e nell'area dove esso sorgeva fu in seguito edificata la caserma La Marmora, sede della Brigata Sassari e ricavata l'omonima piazza. Gli scavi archeologici nella piazza hanno portato alla luce le fondazioni dell'antica struttura ora in fase in valorizzazione.
Aree naturali
In città sono presenti vari giardini e parchi, fra i quali i giardini pubblici situati al centro della città fra viale Pasquale Stanislao Mancini e corso Margherita di Savoia, i giardini di via Venezia, i giardini di Monte Rosello, i giardini di via Di Vittorio nel quartiere di Luna e Sole, i giardini di Li Punti, il parco di Monserrato (del XVII-XIX secolo) recentemente restaurato e situato tra la SS 131 e l'asse viario di via Budapest, il parco di Baddimanna, grande pineta nel quartiere di Monte Rosello, e il parco di Bunnari, recentemente riqualificato, che offre un centro polifunzionale, una piscina, la ricostruzione di un villaggio nuragico e i due laghi artificiali del Bunnari, ora in secca. Inoltre: la foresta della valle dei Ciclamini o Badde Olia, presso il confine con Ossi, da cui si ha accesso alla grotta dell'Inferno, le valli del Rosello, Rio Mascari, Fosso della Noce, Logulentu il lago di Baratz le spiagge di Ezzi Mannu, porto Ferro e porto Palmas l'area naturale di Lu cantaru presso il monte Forte la riserva faunistica di Bonassai
Lingue e dialetti
Oltre all'italiano nell'intero territorio di Sassari, come nei tre comuni confinanti verso nord, si parla il sassarese, lingua di transizione tra il sardo e il corso, essendo non del tutto assimilabile a nessuna delle due, con una componente fondamentale corsa fortemente influenzata dal sardo logudorese. Le città di Porto Torres, Stintino e Sorso condividono con Sassari la lingua, detta anche turritano dal nome del Giudicato di Torres. A Sennori, paese di lingua sarda logudorese, si ha la peculiarità, data la vicinanza con Sorso e Sassari, di avere al plurale solo sostantivi di genere maschile, proprio come nel turritano. L'uso della lingua sassarese si estende poi nella restante fascia costiera fino alla foce del Coghinas, nella sua variante castellanese di transizione verso il gallurese, nei comuni di Castelsardo, Tergu e Sedini.[30] Nella città di Sassari infine, per via dell'immigrazione dai paesi sardofoni, è diffuso anche il logudorese. Sull'origine del sassarese vi sono varie teorie. Per esempio, lo storico sassarese Enrico Costa scrive: «Ai Pisani dobbiamo anche il nostro dialetto, che per la maggior parte è quasi lo stesso che vi si parla oggi - una specie di toscano del secolo XIII - corrotto più tardi da un po' di corso e da molto spagnuolo»[31], mentre lo studioso Mario Pompeo Coradduzza «il sassarese deriva dalla lingua italiana e, più precisamente, dal toscano antico, poi trasformatosi lentamente in dialetto popolare fin dal secolo XII, quando ancora i borghesi e i nobili parlavano in sardo logudorese. Durante l'età del Libero Comune (1294 - 1323), il dialetto sassarese non era altro che un pisano contaminato, al quale si aggiungevano espressioni sarde, corse e spagnole; non è quindi un dialetto autoctono, ma continentale e, meglio determinandolo, un sotto - dialetto toscano misto, con caratteri propri, diverso dal gallurese di importazione corsa», dove entrambi non sembrano propendere per un'influenza più rilevante del sardo rispetto ad altri apporti linguistici. Secondo il linguista Mauro Maxia il fondo toscano del sassarese è invece da derivare dalla lingua corsa, importata dalle numerose famiglie còrse che si stabilirono in città a partire dal periodo giudicale e che nel XVI secolo avrebbero costituito la maggioranza della popolazione cittadina. Le influenze toscane sul sassarese, evidenziate da altri studiosi, sarebbero quindi indirette e riconducibili alla secolare dominazione pisana della Corsica. Per Antonio Sanna la lingua che nacque a Sassari divenne patrimonio della popolazione e della classe mercantile, e viene oggi considerata un idioma a sé stante[34]. Anche il linguista Leonardo Sole rimarca come il sassarese sia una lingua a sé stante sostanzialmente di origine sarda[35][36], tesi ripresa da altri studiosi tra cui Pittau.
Faradda di li candareri
Il 14 agosto a Sassari è festha manna, ovvero "festa grande": la città è attraversata dalla Faradda di li candareri (discesa dei candelieri) una processione che viene conclusa da una cerimonia sacra per sciogliere il voto alla Vergine Assunta che, nel XVI secolo salvò la città dalla peste, che vede i cittadini distribuiti tra i diversi gremi (corporazioni medievali di arti e mestieri), portare sulle spalle i candelieri riccamente ornati per le vie della città, danzando fino alla chiesa di Santa Maria di Betlem. Tale festa è molto sentita dalla popolazione che per l'evento si riversa per le vie del centro storico dal primo pomeriggio sino a tarda notte. Le varie piazze sono invase da musica e canti ma dominante rimane il rimbombo dei tamburi che accompagna la "discesa" dei gremi con i candelieri in spalla.
La Cavalcata Sarda
Dal 1711, anno citato da Enrico Costa, la città è teatro anche della Cavalcata sarda, che dal 1951 è organizzata con cadenza annuale nella penultima domenica di maggio. La manifestazione, a carattere laico, consiste nella sfilata di gruppi folcloristici provenienti da varie zone della Sardegna che, appiedati o a cavallo e indossando i propri costumi tradizionali, mostrano al pubblico aspetti etnografici ed enogastronomici della cultura sarda. Molto sentita è la festa del Voto, che si svolge l'ultima domenica di maggio, in ricordo del voto che, durante l'ultima guerra mondiale, fece l'allora arcivescovo di Sassari, Arcangelo Mazzotti, alla Madonna delle Grazie di San Pietro in Silki, dopo che una bomba cadde sulla stazione ferroviaria. L'arcivescovo promise con voto solenne, che ogni anno si sarebbe svolta una processione, dal duomo alla chiesa di San Pietro, per onorare l'esaudimento del voto. Sassari in effetti non subì più alcun bombardamento. Nel 2002 è stato ricostruito un costume tradizionale, quello rosso degli ortolani di Sassari, sulla base della documentazione iconografica esistente, per quanto frammentaria e lacunosa, e facendo riferimento all'immigrazione popolare dal Logudoro, specie dai centri prossimi alla città.
Musei
Museo Archeologico Nazionale G.A. Sanna Museo nazionale archeologico ed etnografico G. A. Sanna, detto anche Museo Sanna Museo della Brigata Sassari, ospitato nella Caserma La Marmora Museo Sassari Arte (MUS'A), nell'ex-seminario-convitto gesuitico Canopoleno Museo d'arte contemporanea Masedu, detto anche Museo Masedu Museo dell'arte del novecento e del contemporaneo, detto anche Museo Biasi Palazzo della Frumentaria Museo etnografico Francesco Bande, detto anche Museo Bande Collezione Sironi, presso la sede del Banco di Sardegna Museo Diocesano, presso la cattedrale di San Nicola e la chiesa di San Michele Museo storico della città di Sassari, presso il Palazzo di città Museo dei Gremi e dei Candelieri[senza fonte] Museo universitario geomineralogico "Aurelio Serra". Museo della scienza e della tecnica, collezione anatomica Luigi Rolando. Dipartimento di Scienze Biomediche, sezione Anatomia Umana Normale Museo della scienza e della tecnica, collezione entomologica. dipartimento di protezione delle piante Museo della scienza e della tecnica, collezione di botanica farmaceutica. Dipartimento di scienze del farmaco Museo della scienza e della tecnica, collezione zoologica. Dipartimento di zoologia e antropologia biologica Museo della scienza e della tecnica, collezione di fisica. Struttura dipartimentale di matematica e fisica Museo di storia dell'agricoltura e collezione agronomica. Dipartimento di scienze agronomiche e genetica vegetale agraria Museo del Forte Romano, località La Crucca
La cucina tipica sassarese
La cucina tipica sassarese è ricca e variegata, composta da molte pietanze fortemente legate alla tradizione contadina della città ma diffusa e legata anche alle tradizioni dei centri vicini. Le verdure sono infatti regine nella maggior parte delle pietanze locali, assieme alle parti meno pregiate degli animali da macello, in particolare agnello e maiale. Gli ortaggi più conosciuti ed utilizzati della cucina sassarese sono la melanzana (mirinzana), la cipolla (ziodda) e le fave (faba). Tra i primi piatti troviamo la mineshtra e fasgiori o mineshtra e patati, una zuppa preparata con fagioli, patate, lardo, finocchietto selvatico e pomodori secchi. La classica fabadda viene tradizionalmente preparata nel periodo di carnevale: è una zuppa molto densa a base di fave secche, cavolo, finocchi, cotenna e carne di maiale. In genere è consumata in occasioni conviviali, con larga presenza di parenti o amici. Tra i primi a base di pasta ricordiamo i giggioni, ossia gli gnocchi conditi con sugo di salsiccia. Altri piatti a base di verdure sono le fave cotte a ribisari, cioè lessate e condite con aglio e prezzemolo; e i carciofi, preparati tradizionalmente con le patate (ischazzofa e patati). Tra i secondi piatti, principalmente a base di carne, troviamo la cordula con piselli, un piatto preparato con le interiora dell'agnello avvolte nell'intestino e cotte con piselli, cipolle e salsa di pomodoro; la trippa cotta nel sugo di pomodoro da mangiare spolverata di abbondante pecorino grattugiato; i pedi d'agnoni, ovvero i piedini dell'agnello cotti in salsa di pomodoro oppure con solo aglio e prezzemolo. Un posto importantissimo, ma peculiare in realtà dell'attiguo centro di Ossi, occupano le chiocciole (spesso chiamate lumache) nelle loro varie pezzature: dalle lumachine "Theba pisana"(ciogga minudda) lessate con delle patate, alle lumache "Eobania vermuculata" (ciogga grossa) preparate con un sugo piccante o con aglio a prezzemolo- i lumaconi "Helix aspersa" (coccoi) che vengono serviti ripieni di un impasto di formaggio, uova, prezzemolo spezie e pangrattato. Non mancano le monzette (lett. "suorine" per via del cappuccio bianco a chiusura del guscio), cotte in padella con aglio, olio, prezzemolo. Il piatto tipico più conosciuto è invece lo ziminu, zimino, cotto in grabiglia, cioè le interiora del vitello come diaframma (parasangu), intestino (cannaculu), cuore, fegato e milza, cotte in graticola sulla brace. Alla brace vengono preparate anche le sardine, anche queste molto apprezzate dai sassaresi. Tra i dolci, oltre a quelli tipici della Sardegna settentrionale come papassini, tiricche e seadas, sono proprie della città e dei dintorni le frittelle lunghe (li frisgiori longhi o "sas frigjolas"): preparate principalmente durante il carnevale, sono fatte di un impasto di farina, acqua, zucchero, anice e scorza d'arancia grattugiata, fritto in forma di lunghi cordoni. Piatto tipico "adottato" è la fainé genovese. È ottenuta da un impasto molto semplice di farina di ceci, olio, acqua e sale (spesso arricchita da più ingredienti a piacere come le cipolle o le salsicce), cotta in teglia ad alta temperatura e servita già tagliata, spesso con pepe nero tritato. Viene preparata in alcuni locali tipici (dove è l'unico piatto servito) ma anche in molte pizzerie e paninoteche. La cucina tipica sassarese è ricca e variegata, composta da molte pietanze fortemente legate alla tradizione contadina della città ma diffusa e legata anche alle tradizioni dei centri vicini. Le verdure sono infatti regine nella maggior parte delle pietanze locali, assieme alle parti meno pregiate degli animali da macello, in particolare agnello e maiale. Gli ortaggi più conosciuti ed utilizzati della cucina sassarese sono la melanzana (mirinzana), la cipolla (ziodda) e le fave (faba). Tra i primi piatti troviamo la mineshtra e fasgiori o mineshtra e patati, una zuppa preparata con fagioli, patate, lardo, finocchietto selvatico e pomodori secchi. La classica fabadda viene tradizionalmente preparata nel periodo di carnevale: è una zuppa molto densa a base di fave secche, cavolo, finocchi, cotenna e carne di maiale. In genere è consumata in occasioni conviviali, con larga presenza di parenti o amici. Tra i primi a base di pasta ricordiamo i giggioni, ossia gli gnocchi conditi con sugo di salsiccia. Altri piatti a base di verdure sono le fave cotte a ribisari, cioè lessate e condite con aglio e prezzemolo; e i carciofi, preparati tradizionalmente con le patate (ischazzofa e patati). Tra i secondi piatti, principalmente a base di carne, troviamo la cordula con piselli, un piatto preparato con le interiora dell'agnello avvolte nell'intestino e cotte con piselli, cipolle e salsa di pomodoro; la trippa cotta nel sugo di pomodoro da mangiare spolverata di abbondante pecorino grattugiato; i pedi d'agnoni, ovvero i piedini dell'agnello cotti in salsa di pomodoro oppure con solo aglio e prezzemolo. Un posto importantissimo, ma peculiare in realtà dell'attiguo centro di Ossi, occupano le chiocciole (spesso chiamate lumache) nelle loro varie pezzature: dalle lumachine "Theba pisana"(ciogga minudda) lessate con delle patate, alle lumache "Eobania vermuculata" (ciogga grossa) preparate con un sugo piccante o con aglio a prezzemolo- i lumaconi "Helix aspersa" (coccoi) che vengono serviti ripieni di un impasto di formaggio, uova, prezzemolo spezie e pangrattato. Non mancano le monzette (lett. "suorine" per via del cappuccio bianco a chiusura del guscio), cotte in padella con aglio, olio, prezzemolo. Il piatto tipico più conosciuto è invece lo ziminu, zimino, cotto in grabiglia, cioè le interiora del vitello come diaframma (parasangu), intestino (cannaculu), cuore, fegato e milza, cotte in graticola sulla brace. Alla brace vengono preparate anche le sardine, anche queste molto apprezzate dai sassaresi. Tra i dolci, oltre a quelli tipici della Sardegna settentrionale come papassini, tiricche e seadas, sono proprie della città e dei dintorni le frittelle lunghe (li frisgiori longhi o "sas frigjolas"): preparate principalmente durante il carnevale, sono fatte di un impasto di farina, acqua, zucchero, anice e scorza d'arancia grattugiata, fritto in forma di lunghi cordoni. Piatto tipico "adottato" è la fainé genovese. È ottenuta da un impasto molto semplice di farina di ceci, olio, acqua e sale (spesso arricchita da più ingredienti a piacere come le cipolle o le salsicce), cotta in teglia ad alta temperatura e servita già tagliata, spesso con pepe nero tritato. Viene preparata in alcuni locali tipici (dove è l'unico piatto servito) ma anche in molte pizzerie e paninoteche.