Il Castello di Acquafredda

Il Castello di Acquafredda, il cui nome è riconducibile alla sorgente d'acqua freschissima che sgorga dagli anfratti della collina, è un'importante testimonianza di struttura fortificata di epoca medioevale situato sulla cima di un cono vulcanico poco distante dal paese di Siliqua, nell'oristanese, che si affaccia su tutta la valle del Cixerri ad un'altitudine di circa 253 metri sopra il livello del mare. Le sue imponenti rovine si elevano in altezza a prolungamento della sporgenza rocciosa che domina tutta la piana. Tre lati guardano su strapiombi vertiginosi mentre il quarto digrada sul ripido pendio settentrionale discendendo verso il paese di Siliqua. Con un decreto legge del 1993, il sito denominato “Domo Andesitico di Acquafredda”, è stato nominato Monumento Naturale. La struttura del Domo di Acquafredda deriva infatti dal raffreddamento e dal consolidamento rapido della lava che, spinta dal basso verso l'uscita di una bocca vulcanica, a causa della sua viscosità si è ammassata sul posto senza espandersi in superficie. In merito all'origine del castello non esiste una data certa, ma la sua struttura, la sua posizione strategica e alcune tracce di costruzioni e documenti, quali la bolla di papa Gregorio IX datata 30 luglio 1238, permettono di ipotizzare che la sua origine risalga all'epoca giudicale, un periodo durante il quale l'influenza Pisana fu forte nella nostra isola. Infatti, nella citata bolla papale, Gregorio IX dà disposizioni affinché si provveda a mettere in assetto di guerra le fortificazioni dei giudicati di Torres, di Gallura e di Cagliari e, per questo motivo, si ritiene che il castello, inserito nella "Curadorìa del Sigerro", esistesse già dal 1215, anche se è opinione diffusa attribuire la sua costruzione al celebre nobile pisano Ugolino Della Gherardesca, conte di Donoratico, sin dal 1257 in cui divenne Signore della parte sud-occidentale della Sardegna dopo la caduta del Giudicato di Cagliari. In relazione alla sua funzione, il castello fu edificato prettamente per scopi militari e difensivi, per questo motivo infatti, fu costruito in posizione elevata, in difesa delle frontiere e a controllo dei più importanti passi o vie di comunicazione del territorio e in posizione chiave all'interno del sistema strategico-difensivo del regno. Il conflitto tra la Corona d'Aragona e il Giudicato d'Arborea impose quindi l'esclusiva funzione militare del castello che assunse quindi un ruolo importantissimo e resistette a numerosissimi attacchi, sferrati a più riprese dalle truppe arborensi. Ma al termine del cinquantennale conflitto con Arborea, la corona non ebbe più la necessità di mantenere in piedi nell'isola costose strutture fortificate e così la maggior parte dei castelli sardi, tra i quali il Castello di Acquafredda, persa la loro funzione esclusivamente militare, andarono inesorabilmente verso una irreversibile decadenza. Dopo la prigionia e la successiva morte, nel 1288, del conte Ugolino il maniero passò sotto il dominio di Pisa, fu poi conquistato dai catalano-aragonesi nel 1324, e divenne, in un primo periodo, una concessione feudale. A partire dal 1410 il castello rimase disabitato e venne abbandonato fino al momento in cui, nel 1785, fu riscattato da Vittorio Amedeo III, re di Sardegna. La struttura del castello, composto da più corpi murari articolati su tre livelli, è costituita dal Mastio, dalla Torre Cisterna e dal Borgo. Nella parte più alta, a quota 256 metri sopra il livello del mare, si elevano le imponenti murature del nucleo fortificato, il mastio, destinato ad ospitare la dimora del feudatario. L'accesso al castello era possibile attraverso due entrate differenti. Il primo, situato a nord, consentiva l'ingresso mediante una scalinata in pietra che conduceva ad un pianerottolo, ubicato a tre metri dal piano terra del castello, dal quale si poteva entrare tramite una scaletta retrattile. Al secondo, rivolto a Sud, si accedeva tramite una scala in pietra, che conduceva ad una vasta terrazza-bastione, in parte naturale. Delle mura del mastio resistono le facciate rivolte a nord-ovest e sud-est, alte circa 10 metri, guarnite di merli guelfi. L'edificio presentava in origine due piani in elevazione, una terrazza sovrastante e un piano interrato adibito a cisterna, ancora in buono stato di conservazione. Nel piano inferiore, oltrepassato il portico del cortile interno, è probabile si trovassero la cucina, gli alloggi dei soldati, il magazzino delle corazze, un altro grande magazzino, unitamente ad un'altra stanza con attrezzi e macchine. Al piano superiore, presumibilmente trovavano invece spazio la stanza del castellano e la sala del castello. Di fronte al mastio, ad un'altezza di 248 metri sopra il livello del mare, svetta la possente Torre di Guardia, utilizzata come prigione e soprannominata dai Siliquesi "Torre de S'Impicadroxiu", ovvero torre dell'impicco, il cui appellativo fornisce lo spunto per pensare a quale potesse essere la sua destinazione d'uso. Dall'importanza che l'acqua assumeva nella vita all'interno del castello e dall'esigenza di un'ingente scorta idrica scaturisce la presenza di una cisterna destinata alla funzione di serbatoio per la raccolta dell'acqua. Alla quota di 200 metri sopra il livello del mare svetta infatti l'imponente struttura della torre cisterna che, non raccordata alle altre unità murarie, costituisce un corpo isolato. La torre cisterna, di forma quadrangolare, era costituita da tre vasche di diversa capacità, con volta a botte, completamente intonacate. Più in basso, a 163 metri sopra il livello del mare, vi è la quarta cisterna. Quest'ultima, situata vicino al borgo, è costituita da una camera interrata con pareti di mattoni alte quattro metri, caratterizzata dalla volta a botte e circondata lungo il perimetro inferiore da un cunicolo di mattoni in cui l'acqua filtrava attraverso le pareti. All'interno delle mura si trovava il borgo in cui erano ubicate le case, i magazzini, le stalle, le cisterne, i mulini ed i frantoi. La terza linea difensiva, a circa 154 metri sopra il livello del mare, è rappresentata da una cinta muraria costituita da tre torri. Le due esterne sono andate completamente distrutte, mentre nella terza, esistente tuttora e posizionata centralmente rispetto alle altre due, è visibile una struttura a tre piani con solai in legno. La cortina muraria, ornata di merli di forma guelfa, proteggeva il borgo vero e proprio in cui si trovavano gli alloggi per i soldati, i magazzini per le scorte alimentari, le armi e gli attrezzi. La merlatura indicava il colore politico del Signore del Castello, ossia il suo schieramento a favore del Papa o dell'Imperatore nella lotta per le investiture. La forma quadra dei merli indicava l'appartenenza alla parte guelfa, sostenitrice del Papato mentre quella a coda di rondine alla parte ghibellina, sostenitrice dell'Impero. Dagli inizi degli anni '80 ad oggi, il Castello di Acquafredda ha subito ben quattro restauri che hanno reso il momunento accessibile al pubblico.
Di Xoil - CC BY-SA 3.0
01/02/2010