Franco Sale, cultore delle tradizioni popolari sarde, mamuthone e scultore di maschere. Depositario consapevole dell’antichissima eredità dei riti del carnevale di Mamojada Questo scritto è un ulteriore passo verso la ricerca e la divulgazione delle più profonde radici della tradizione mamojadina.
Mi soffermo un attimo per descrivere la metamorfosi
che avviene in me e il modo con cui sono coinvolto a vestizione ultimata.
Dopo aver indossato la maschera
ed indossato il fazzoletto
mi prende una sensazione “magica”,
mi sembra di acquistare il potere della divinità di altri tempi.
Questa sensazione è reale
quando il Mamuthone svolge il suo compito senza levare la maschera dal volto.
Sento questa forza al mio interno
e tutto ciò che ho addosso diventa un blocco unico.
Senza rendermene conto,
corpo, vestiario e campanacci diventano un unico elemento.
Nello stesso momento ho la sensazione
che la mia personalità si sdoppi
senza capire né come ciò accada né perché,
la mente si stacca dalla realtà.
Pur convinto di essere me stesso mi sento come invaso e posseduto da un’altra entità.
Mi carico di misticismo e frenesia come se mi immedesimassi e entrassi all’interno un’altra persona di un’altra epoca.
Franco Sale
Maschere Mamuthones Franco Sale. L’arte di intagliare il legno e la sapienza di creare il mito, seguendo la tradizione. Franco Sale, Mamuthone, intaglia le maschere con maestria, le plasma, da loro un’anima. Indossare una di queste creazioni è come indossare il mito stesso.
I mamuthones con il loro abbigliamento e comportamento nello svolgere questa forma teatrale fanno rivivere nei presenti un pezzo di misteriosa storia antica e li catturano con l’enigmatico fascino che sprigionano, trascinandoli durante i vari percorsi che occasionalmente facciamo durante l’anno, in una grottesca suggestiva frenesia. Spesso tantissimi astanti ci seguono durante le sfilate, saltellando con noi ai bordi della strada, tentando di imitarci in un coinvolgimento generale, tanti pretendono di imparare il “passo”: a mio avviso questi sono segnali di affetto non verso di noi ma bensì nei confronti dell’arcaica rappresentanza, sono piccoli momenti pieni di intenso fascino, ma che servono a ripagare la durezza della fatica.
Sas lìmbatthas, i battagli
Sas lìmbatthas, sono il caratteristico battaglio in osso dei campanacci, sonazos, indossati dai Mamuthones. Sas lìmbatthas vengono costruite utilizzando le ossa del femore di pecore, capre, asini o altri animali. I pastori dovevano spesso arrangiarsi da soli nella preparazione del battaglio. Nelle foto che seguono alcune fasi della realizzazione. Il battaglio d’osso dei campanacci è ciò che resta del rito agrario antico conservato e rievocato oggi nel carnevale della tradizione sarda.
Gli issohadores durante le sfilate hanno compiti separati, sono molto diversi, sono più signorili nel vestiario e nei movimenti, come se fossero modernizzati; attualmente hanno la funzione di protezione e di controllo nello schieramento, quasi a creare un recinto nel corteo, sicuramente sono le figure che hanno subito più degli altri modifiche nel vestiario, suggerite e assorbite da infiltrazioni esterne. A mio parere, a diversità dei mamuthones, sono figure nate in un periodo meno remoto, forse non erano presenti nel tempo che fu. Tanti anni fa, quando iniziavo ad avere i primi approcci con il mondo delle tradizioni, in mezzo agli anziani, ancora non esisteva in me la mentalità conservatrice (intendo nel senso di conservare la nostra tradizione), pur partecipando con le vesti da mamuthones non sapevo cosa facevo o cosa rappresentavo, ma internamente sentivo la necessità di essere scelto quale componente del gruppo, ogni qual volta capitava, e ringraziavo per aver avuto l’onore di vestire quei panni e per aver sfilato. Allora – parlo riferendomi agli inizi degli anni Sessanta – il grande conduttore era da sempre tziu Costantinu Atzeni.
Realizzate dal cuoio di vitella, chiamato cuoio crudo, la sua lavorazione è molto complessa, sia nella fase di pulitura dai grassi e dai filamenti di nervi, dal cuoio vanno ricavate le strisce che successivamente andranno cucite con “su urriargjù”dei sottili filamenti ricavati dalla pelle di gatto, i punti di cucitura sono particolari, “sa surba” che si userà per cucire entra nel cuoio dove prima è uscita la cucitura e ne esce avanti di circa 1/2 cm rientra dove è uscita e riparte entrando nuovamente e cucendo un altro 1/2 cm, la sua lunghezza può arrivare fino a 11 metri, in altri tempi a chi andava appresso al bestiame, non mancava mai dalla tracolla, neanche quando si dormiva.
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